Il Canton Ticino deve fare attenzione soprattutto a se stesso, quando si tratta di uso sconsiderato del territorio. All’ingordigia di taluni e ai facili guadagni, o supposti tali. Dagli anni ’50 del secolo scorso abbiamo svenduto prima le acque con la costruzione di enormi dighe per lo più in mano svizzerotedesca, che hanno dato sì lavoro, ma ci hanno privato della sovranità sulla produzione di energia elettrica. In seguito negli anni ’60 abbiamo svenduto le rive dei laghi a coloro – non pochi i turisti stranieri – che vi hanno costruito le loro ville. Certo, erano gli anni del boom economico e le possibilità sembravano illimitate. Poi scempio dopo scempio siamo giunti ai giorni nostri, dove il prezioso spazio di pianura viene viepiù occupato da enormi capannoni che spesso portano poco o nulla all’economia del Cantone per non parlare dell’impatto sulla qualità di vita nostra e dei nostri figli.
Nell’ultima legislatura sono stato relatore nella Commissione speciale per la pianificazione del territorio di alcuni rapporti che hanno sanato alcuni sbagli del passato. Per esempio ho steso il rapporto con la storica richiesta di riversione delle acque del Lucendro, che presto torneranno nelle mani dei ticinesi e saranno gestite dall’AET. La riversione delle strutture del Lucendro e Sella è uno dei primi ritorni in mano pubblica di una grossa struttura (più di 60MW) gestita finora privatamente e per i cui servizi AET ha dovuto pagare. Un buon primo passo in attesa di quelli futuri che seguiranno nei prossimi anni con altre importanti riversioni.
Recentemente sono stato relatore di un altro importante messaggio, accettato a larga maggioranza dal parlamento, concernente la legge sullo sviluppo territoriale, sulla compensazione di vantaggi e svantaggi derivanti dalla pianificazione del territorio. Il progetto di legge è in sintonia con gli obiettivi del Piano direttore cantonale ed è volto a promuovere un uso parsimonioso del suolo. Esso assume tutta la sua importanza per quanto attiene al contenimento dell’estensione degli insediamenti, all’uso razionale dei terreni non edificati, ma già attribuiti alla zona edificabile, all’incremento della densità insediativa e alla riqualifica delle aree e degli impianti in disuso.
Sono anche intervenuto a nome del PS per difendere e “portare a casa” il parco del Piano di Magadino, che i cementificatori di turno, ben piazzati in Parlamento, volevano affossare con argomenti pretestuosi.
Ecco, questi sono a mio avviso segnali forti al cui consolidamento sono fiero di aver contribuito con il mio lavoro in Gran Consiglio. Sono del resto solo i primi passi, a cui molti ne devono ancora seguire, per riuscire nell’impresa di non consegnare ai nostri figli il primo Cantone de-naturalizzato della Confederazione: una sconfinata colata di cemento e ferro-vetro da Airolo a Chiasso. L’alternativa c’è!
Fabio Canevascini, granconsigliere e candidato PS
L’articolo è stato pubblicato sull’informatore del 27.03.2015